La recente sentenza n. 16347 del 5 aprile 2023 della Corte di Cassazione offre un'importante riflessione sulla validità delle prove ottenute tramite messaggistica su piattaforme crittografate, come Sky ECC. In particolare, la Corte ha stabilito che la messaggistica acquisita mediante ordine europeo di indagine da autorità giudiziaria straniera non rientra nella disciplina delle intercettazioni, rendendola utilizzabile ai sensi dell'articolo 234 bis del codice di procedura penale.
Il caso in esame riguardava la messaggistica in chat di gruppo su Sky ECC, acquisita in seguito a un ordine europeo di indagine. La Corte ha chiarito che tali messaggi costituiscono un dato informativo documentale conservato all'estero. Questo aspetto è cruciale, poiché determina la loro utilizzabilità in sede processuale, potendo essere considerati come prove valide nonostante l'assenza delle garanzie tipiche delle intercettazioni.
È importante sottolineare che, secondo la Corte, non ha rilevanza se i messaggi siano stati acquisiti 'ex post' o in tempo reale; ciò che conta è che al momento della richiesta i flussi di comunicazione non fossero in atto. Questo principio si fonda sull'idea che la privacy degli individui debba essere rispettata, anche quando si tratta di prove in un contesto penale.
Messaggistica in "chat Sky ECC" - Acquisizione mediante ordine europeo di indagine - Utilizzabilità ex 234 bis cod. proc. pen. - Disciplina delle intercettazioni - Applicabilità - Esclusione - Ragioni. In tema di mezzi di prova, la messaggistica su "chat" di gruppo su sistema "Sky ECC", acquisita mediante ordine europeo di indagine da autorità giudiziaria straniera che ne ha eseguito la decriptazione, costituisce dato informativo documentale conservato all'estero, utilizzabile ai sensi dell'art. 234 bis cod. proc. pen., e non flusso comunicativo, non trovando applicazione la disciplina delle intercettazioni di cui agli artt. 266 e 266-bis cod. proc. pen. (In motivazione, la Corte ha chiarito che non rileva se i messaggi siano stati acquisiti dall'autorità giudiziaria straniera "ex post" o in tempo reale, poiché al momento della richiesta i flussi di comunicazione non erano in atto).
La sentenza si fonda su specifici articoli del codice di procedura penale, in particolare l'articolo 234 bis, che disciplina l'utilizzabilità di documenti informativi. Inoltre, i riferimenti agli articoli 266 e 266-bis evidenziano la distinzione tra le prove acquisite tramite intercettazioni e quelle raccolte attraverso canali diversi. Questa decisione potrebbe avere ripercussioni notevoli sul modo in cui le autorità italiane e europee gestiscono le prove digitali.
La sentenza n. 16347 del 2023 rappresenta un passo significativo verso la comprensione e l'applicazione della normativa relativa alle prove digitali. Con l'aumento dell'uso di strumenti di comunicazione crittografata, è essenziale che le leggi si adattino a queste nuove realtà. L'orientamento della Corte di Cassazione offre spunti di riflessione sulla necessità di bilanciare il diritto alla privacy con l'efficacia della giustizia penale. Sarà interessante osservare come questa sentenza influenzerà futuri casi e l'approccio delle autorità nella raccolta di prove in contesti simili.