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Analisi della sentenza Cass. pen., Sez. VI, n. 21986 del 2023: Peculato e responsabilità penale

La sentenza n. 21986 del 2023 emessa dalla Corte di Cassazione offre un'importante riflessione sui reati di peculato, in particolare riguardo alla figura dell'imputata, A.A., che, in qualità di Direttore dei servizi generali e amministrativi in alcune scuole, è stata condannata per appropriazione indebita di fondi pubblici. La decisione della Corte, che ha confermato la condanna in appello, solleva diverse questioni legali, tra cui la definizione di disponibilità delle somme di denaro e l'incidenza della malattia mentale sulla responsabilità penale.

Il contesto della condanna per peculato

Nel caso in esame, l'imputata è accusata di aver alterato la contabilità degli enti scolastici, emettendo falsi ordinativi di pagamento e appropriandosi di somme versate dai genitori per viaggi di istruzione. La Corte di Cassazione ha chiarito che, nonostante l'imputata sostenga di non avere la disponibilità dei fondi, la legge italiana (art. 314 c.p.) definisce il peculato come appropriazione di denaro di cui si ha disponibilità per ragioni di ufficio.

  • La condotta dell'imputata è stata qualificata come peculato, poiché il suo ruolo le conferiva la possibilità di gestire le somme, anche in congiunzione con il Dirigente scolastico.
  • Il tentativo di derubricare i reati in truffa aggravata è stato respinto dalla Corte, che ha sottolineato il rapporto di fiducia insito nella gestione di fondi pubblici.
La responsabilità penale per peculato si configura anche in presenza di disponibilità congiunta del denaro da parte di più pubblici ufficiali.

La questione della capacità di intendere e volere

Un aspetto centrale del ricorso riguarda la presunta incapacità di intendere e volere dell'imputata, affetta da ludopatia. La difesa ha sostenuto che tale disturbo mentale avrebbe influito sulla capacità di interagire con il denaro in modo appropriato. Tuttavia, la Corte ha ribadito che per riconoscere un vizio totale o parziale di mente, è necessario dimostrare un nesso causale diretto tra il disturbo e le condotte criminose.

In questo caso, la Corte ha rilevato che:

  • Non vi erano prove sufficienti che le somme sottratte fossero state utilizzate per alimentare la ludopatia.
  • Il disturbo era stato diagnosticato solo dopo che gran parte dei reati erano stati commessi.

Conclusioni

La sentenza della Corte di Cassazione n. 21986 del 2023 rappresenta un importante punto di riferimento per la giurisprudenza in materia di peculato. Essa evidenzia non solo la gravità delle condotte illecite da parte di funzionari pubblici, ma anche la necessità di un'accurata valutazione della responsabilità penale in relazione alla salute mentale. La decisione sottolinea come le dinamiche di potere e controllo all'interno delle pubbliche amministrazioni siano fondamentali per garantire la corretta gestione dei fondi pubblici e la fiducia della comunità.