Analisi della Sentenza n. 25650 del 2024: Traffico di influenze illecite e mediazione onerosa

La sentenza n. 25650 del 5 marzo 2024 della Corte di Cassazione ha trattato un tema di rilevante importanza giuridica: il traffico di influenze illecite, come delineato dall'art. 346-bis del codice penale. Questa decisione non solo chiarisce i confini della illiceità della mediazione onerosa, ma offre anche spunti di riflessione per professionisti e cittadini in merito alle responsabilità legate alle pratiche di mediazione nel contesto amministrativo.

Il contesto normativo e il caso specifico

La norma in questione, l'art. 346-bis c.p., definisce il reato di traffico di influenze illecite, configurando come illecito ogni accordo tra un mediatore e un committente finalizzato a ottenere vantaggi tramite l'intervento di un pubblico ufficiale. La Corte ha sottolineato, nella sentenza in esame, che la mediazione è considerata illecita se l'accordo è volto a proiettarsi oltre il rapporto dualistico, mirando a influenzare l'azione di un pubblico ufficiale.

  • Il direttore dell'agenzia delle entrate, in questo caso, ha accettato offerte da un privato per favorire l'intervento su un'attività ispettiva.
  • La promessa di vendita di un bene immobile a un prezzo inferiore al mercato evidenzia la natura illecita della mediazione.
  • La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, ritenendo la condotta dell'imputato in violazione della legge.

Riflessioni sulla massima di diritto

Traffico di influenze illecite - Formulazione dell'art. 346-bis, cod. pen. antecedente alle modifiche apportate dalla legge n. 3 del 2019 - Mediazione onerosa - Illiceità della mediazione - Nozione - Fattispecie. In tema di traffico di influenze (nella versione dell'art. 346-bis cod. pen. vigente prime delle modifiche introdotte dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3), la mediazione onerosa è illecita se l'accordo tra committente e mediatore è finalizzato a proiettarsi all'esterno del loro rapporto dualistico per ottenere, tramite lo sfruttamento della relazione reale dell'intermediario con il pubblico agente, la commissione di un atto contrario ai doveri di ufficio o comunque non dovuto, idoneo a produrre vantaggi al committente. (Nella fattispecie, in cui la Corte ha ritenuto corretta la motivazione dei giudici di merito sulla configurabilità del reato, il direttore dell'agenzia delle entrate aveva accettato dal privato la promessa di vendita di un bene immobile ad un prezzo inferiore a quello di mercato in cambio del suo intervento, in favore del committente, sui militari della guardia di finanza che stavano conducendo un'attività ispettiva nei riguardi del medesimo).

Questa massima sintetizza efficacemente il principio cardine della sentenza, evidenziando che la mediazione onerosa può sfociare in un reato se finalizzata a ottenere un vantaggio illecito. La Corte di Cassazione, quindi, si pone come baluardo contro le pratiche corruttive, ribadendo la necessità di mantenere un elevato standard di integrità nei rapporti tra privati e pubblica amministrazione.

Conclusioni

La sentenza n. 25650 del 2024 rappresenta un'importante tappa nella lotta contro la corruzione e il traffico di influenze illecite. Essa chiarisce non solo la configurabilità del reato, ma offre anche un monito per tutti i professionisti e i cittadini che operano nel settore pubblico. È fondamentale che le pratiche di mediazione siano condotte nel rispetto delle norme e della legalità, affinché si possa garantire una gestione trasparente e corretta delle risorse pubbliche e dei diritti dei cittadini.

Studio Legale Bianucci