La sentenza n. 37635 del 2024 della Corte di Appello di Reggio Calabria affronta un tema cruciale nel diritto processuale penale: la ricusazione del giudice. Questo argomento è di particolare rilevanza quando si considera che un magistrato possa giudicare un imputato per fatti diversi, pur avendo già esaminato le stesse fonti probatorie. La Corte ha chiarito che tale situazione non comporta automaticamente la ricusazione del giudice, ed è fondamentale analizzare le motivazioni alla base di questa decisione.
La ricusazione di un giudice è disciplinata dall'articolo 37 del codice di procedura penale, il quale stabilisce i casi in cui un magistrato deve astenersi dal giudizio. La Corte ha richiamato la sentenza n. 283 del 2000 della Corte Costituzionale, che ha parzialmente dichiarato l'illegittimità di alcune disposizioni relative alla ricusazione. Secondo la Corte, il fatto che un magistrato abbia già preso parte a un giudizio riguardante lo stesso imputato, per fatti diversi, non è di per sé sufficiente a giustificare la sua ricusazione.
La Corte ha esaminato la fattispecie in cui il giudice aveva già partecipato a un processo riguardante l'imputato per reati associativi, ma in un periodo temporale differente. La massima della sentenza recita:
Giudice chiamato a giudicare lo stesso imputato per fatto diverso - Esame delle medesime fonti probatorie - Ricusabilità del giudice - Esclusione - Ragioni - Fattispecie. Non dà luogo a ricusazione, ai sensi dell'art. 37 cod. proc. pen. come risultante a seguito della parziale dichiarazione di illegittimità di cui alla sentenza n. 283 del 2000 della Corte costituzionale, la circostanza che il magistrato abbia già preso parte a un giudizio a carico dell'imputato per fatti diversi, sebbene caratterizzati dalla pretesa identità delle fonti probatorie valutate e da valutare, atteso che una stessa fonte, considerata rilevante ed attendibile in un processo, potrebbe non esserlo in un altro. (Fattispecie in cui il giudice, che aveva fatto parte del collegio pronunciatosi sulla partecipazione dell'imputato ad un'associazione di tipo mafioso, era stato chiamato nuovamente a giudicarlo, sulla base di fonti di prova asseritamente identiche, per la partecipazione allo stesso sodalizio, ma in relazione ad un periodo di tempo successivo a quello di cui al precedente giudizio).
Questa posizione è supportata dalla considerazione che le fonti di prova, pur essendo le stesse, possono avere un significato diverso a seconda del contesto temporale e dei fatti specifici da valutare. Ne consegue che il giudice non è automaticamente escluso dal giudizio anche se ha già esaminato le medesime prove in un altro processo.
La sentenza n. 37635 del 2024 rappresenta un'importante conferma della flessibilità necessaria nell'applicazione delle norme di ricusazione. Essa sottolinea che il principio della giustizia deve essere bilanciato con la necessità di garantire una corretta amministrazione della giustizia, evitando di paralizzare i procedimenti penali per motivi formali. In sintesi, la Corte ha ribadito che la ricusazione non è una questione da prendere alla leggera e deve essere valutata caso per caso, considerando le specifiche circostanze di ogni singolo processo.