La sentenza della Corte di Cassazione n. 21986 del 22 maggio 2023 ha sollevato interrogativi significativi riguardo alla responsabilità penale in caso di reati di peculato, specialmente quando l'imputato presenta una condizione di ludopatia. L'imputata, A.A., è stata condannata per aver appropriato ingenti somme di denaro di cui aveva disponibilità come Direttore dei servizi generali e amministrativi di istituti scolastici.
La Corte ha confermato la responsabilità penale di A.A. per diversi episodi di appropriazione di denaro, avvenuti mediante falsificazione di documenti e omissione di versamenti di contributi versati dalle famiglie per spese scolastiche. Le condotte sono state qualificate come peculato, un reato che presuppone la disponibilità di denaro da parte di un pubblico ufficiale.
La sentenza chiarisce che la disponibilità congiunta di fondi pubblici da parte di più pubblici ufficiali non esclude la configurabilità del peculato.
In particolare, la Corte ha sottolineato che, secondo la normativa vigente, il Direttore dei servizi amministrativi e il Dirigente scolastico avevano una co-disponibilità dei fondi, il che giustifica l'applicazione della fattispecie di peculato piuttosto che quella di truffa aggravata. Questo aspetto evidenzia l'importanza della posizione e dei doveri dei pubblici ufficiali nel gestire beni pubblici.
Un punto cruciale della sentenza riguarda la questione della capacità di intendere e volere dell'imputata, affetta da ludopatia. A.A. ha sostenuto che il suo stato di salute mentale avrebbe potuto influenzare la sua condotta delittuosa. Tuttavia, la Corte ha ritenuto che non ci fosse un nesso causale tra il disturbo ludopatico e le azioni di appropriazione, sottolineando la necessità di dimostrare che il disturbo avesse portato direttamente alla commissione dei reati.
La Corte ha richiamato precedenti giurisprudenziali, affermando che la ludopatia può ridurre la capacità di intendere e volere solo se vi è una correlazione diretta tra il disturbo e il comportamento criminoso. Questo aspetto evidenzia l'importanza di una valutazione accurata delle condizioni psicologiche dell'imputato nel contesto di un processo penale.
La sentenza in esame offre importanti riflessioni sul delicato equilibrio tra responsabilità penale e condizioni personali dell'imputato. La Corte di Cassazione ha ribadito che la presenza di disturbi mentali, come la ludopatia, non esime automaticamente dalla responsabilità penale, ma richiede una valutazione approfondita del nesso causale tra il disturbo e la condotta illecita. La questione della disponibilità di fondi pubblici e la responsabilità di chi li gestisce rimangono temi di rilevanza cruciale nel contesto del diritto penale.