Commento alla Sentenza n. 44096 del 2024: Rinvio a Giudizio e Abnormità Procedurale

La sentenza n. 44096 del 7 novembre 2024, pubblicata il 3 dicembre 2024, offre un'importante riflessione sulle dinamiche procedurali legate al rinvio a giudizio per reati previsti dall'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990. In particolare, la Corte di Cassazione ha evidenziato l'abnormità di un'ordinanza emessa dal giudice dell'udienza preliminare, che ha erroneamente disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero dopo la modifica del massimo edittale, portando a una decisione cruciale riguardo alla legittimità delle azioni intraprese nel processo.

Il Contesto Normativo e la Modifica Legislativa

Il reato di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309/1990 riguarda le violazioni in materia di sostanze stupefacenti. La recente modifica introdotta dal d.l. n. 123 del 2023, convertito dalla legge n. 159 del 2023, ha elevato il massimo edittale della pena per questo reato a cinque anni di reclusione. Questa modifica ha un impatto diretto sulle modalità di gestione delle richieste di rinvio a giudizio e sulle conseguenti decisioni da parte della magistratura.

Il Punto Cruciale della Sentenza

Richiesta di rinvio a giudizio per il reato di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 successiva all'entrata in vigore del d.l. n. 123 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 159 del 2023 - Trasmissione degli atti al pubblico ministero per l'emissione del decreto di citazione a giudizio - Abnormità - Sussistenza. È abnorme l'ordinanza con cui il giudice dell'udienza preliminare, investito della richiesta di rinvio a giudizio per il reato di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, presentata dopo la modifica introdotta dall'art. 4 del d.l. 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2023, n. 159, che ne ha elevato il massimo edittale ad anni cinque di reclusione, erroneamente disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero affinché proceda con citazione diretta a giudizio.

La Corte ha ritenuto che l'ordinanza in questione fosse abnorme, poiché contraria alle disposizioni normative che regolano il procedimento penale. L'errore del giudice dell'udienza preliminare ha portato a una violazione delle garanzie procedurali, il che potrebbe avere effetti significativi sul diritto di difesa dell'imputato.

Conclusioni

La sentenza n. 44096 del 2024 sottolinea l'importanza di un'applicazione rigorosa delle norme procedurali e la necessità che i giudici operino nel rispetto delle recenti modifiche legislative. Sbagliando nella gestione delle richieste di rinvio a giudizio, si rischia non solo di compromettere il processo penale, ma anche di minare la fiducia nell'intero sistema giuridico. Questo caso serve da monito per gli operatori del diritto e per i giudici, affinché si presti massima attenzione alle evoluzioni normative e si garantisca sempre il rispetto dei diritti fondamentali degli imputati.

Studio Legale Bianucci