La sentenza n. 15256 del 2023, emessa dalla Corte di Cassazione, rappresenta un importante punto di riferimento nel campo delle misure cautelari personali. In particolare, essa affronta la questione dell'appello avverso il rigetto di istanza di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere, ponendo l'accento sui limiti del tribunale del riesame e sull'effetto devolutivo dell'impugnazione.
La decisione in esame si riferisce a un caso in cui l'indagato, S. P., ha presentato appello contro un'ordinanza che rigettava la richiesta di sostituzione della misura cautelare. La Corte ha affermato che, nel procedimento di appello ex art. 310 del codice di procedura penale, il tribunale del riesame è vincolato dall'effetto devolutivo dell'impugnazione. Questo significa che il tribunale non può esaminare nuovi fatti o prove, ma deve limitarsi a valutare gli elementi già presentati nel primo grado di giudizio.
Appello avverso il rigetto di istanza di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere - Effetto devolutivo - Sussistenza - Poteri istruttori del tribunale del riesame - Esclusione - Conseguenze. Nel procedimento di appello ex art. 310 cod. proc. pen. proposto dall'indagato avverso l'ordinanza reiettiva di istanza di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere, il tribunale del riesame è vincolato dall'effetto devolutivo dell'impugnazione ed è privo di poteri istruttori, oltre che sottoposto a limiti temporali per l'emissione del provvedimento di controllo, onde la prospettazione di una situazione di fatto nuova, ritenuta più favorevole all'appellante, deve essere oggetto di una nuova e ulteriormente documentata richiesta al giudice procedente e, in caso di diniego, di impugnazione mediante appello cautelare.
Le implicazioni di questa sentenza sono significative per la protezione dei diritti degli indagati. Essa chiarisce che, in caso di appello, il tribunale del riesame non ha il potere di raccogliere nuove prove o di riesaminare la situazione fattuale. Questo aspetto è cruciale, poiché limita le possibilità di revisione delle decisioni assunte in primo grado e impone all'indagato di presentare una nuova istanza al giudice procedente nel caso emergano nuovi elementi a suo favore.
In conclusione, la sentenza n. 15256/2023 rappresenta un'importante conferma dei principi che regolano le misure cautelari nel nostro ordinamento. Essa offre agli operatori del diritto e agli indagati una chiara comprensione dei limiti e delle procedure da seguire in caso di impugnazioni. La tutela dei diritti individuali deve sempre essere bilanciata con le esigenze di giustizia, e questa sentenza contribuisce a chiarire tale equilibrio nel contesto delle misure cautelari.