La sentenza n. 39155 del 24 settembre 2024, emessa dalla Corte di Cassazione, affronta un tema di grande rilevanza nel panorama giuridico italiano: la distinzione tra abrogazione di un reato e la successione di leggi penali. Questa questione, spesso oggetto di dibattito tra giuristi e operatori del diritto, viene chiarita attraverso la decisione che si esamina in questo articolo.
Il caso riguarda l'articolo 7 del decreto legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito nella legge 28 marzo 2019, n. 26, il quale ha introdotto un nuovo reato. Recentemente, l'articolo 1, comma 318, della legge n. 197 del 2022 ha previsto l'abrogazione di questa norma a partire dall'1 gennaio 2024. Tuttavia, la Corte ha stabilito che questa abrogazione non comporta automaticamente l'abolizione del reato in questione, come previsto dall'art. 673 del codice di procedura penale.
Delitto di cui all'art. 7 d.l. n. 4 del 2019, conv., con modif., in legge n. 26 del 2019 - Abrogazione ad opera dell'art. 1, comma 318, legge n. 197 del 2022, a partire dall'1 gennaio 2024 - Revoca della sentenza per "abolitio criminis" ex art. 673 cod. proc. pen. - Esclusione - Ragioni. In tema di esecuzione, non deve essere revocata a norma dell'art. 673 cod. proc. pen. la sentenza di condanna per il delitto di cui all'art. 7 d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, posto che la formale abrogazione dell'indicata norma incriminatrice, disposta dall'art. 1, comma 318, legge 29 dicembre 2022, n. 197, a far data dall'1 gennaio 2024, non integra un'ipotesi di "abolitio criminis", di cui all'art. 2, comma secondo, cod. pen., ma dà luogo a un fenomeno di successione di leggi penali nel tempo, inquadrabile nel disposto di cui all'art. 2, comma terzo, cod. pen., avuto riguardo alla corrispondente incriminazione introdotta dall'art. 8 d.l. 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85, del tutto sovrapponibile e riferita al reddito di inclusione in sostituzione di quello di cittadinanza.
Questa massima evidenzia che l'abrogazione della norma non comporta la revoca automatica delle condanne già emesse. Infatti, la Corte ha chiarito che la situazione si configura come successione di leggi penali, secondo quanto stabilito dall'articolo 2, comma terzo, del codice penale. Pertanto, la nuova norma introdotta con il decreto legge 4 maggio 2023, n. 48, è considerata sovrapponibile alla precedente, garantendo così la continuità del sistema sanzionatorio.
Le conseguenze pratiche di questa sentenza sono significative per i professionisti del diritto e per i cittadini:
In sintesi, la sentenza n. 39155 del 2024 rappresenta un importante passo avanti nella comprensione della normativa penale e delle sue dinamiche, affermando la necessità di mantenere la continuità del diritto penale anche in caso di modifica delle leggi.
La Corte di Cassazione, con questa decisione, non solo chiarisce la questione dell'abrogazione e della successione di leggi penali, ma offre un fondamento giuridico solido per la stabilità del sistema penale italiano. Questo è un messaggio chiaro per tutti gli operatori del diritto: le leggi possono cambiare, ma la sicurezza giuridica e il rispetto delle condanne non possono essere messi in discussione.