Commento alla Sentenza n. 44311 del 2024: Reati Tributari e Obbligo di Dichiarazione

La sentenza n. 44311 del 8 ottobre 2024, emessa dalla Corte di Cassazione, affronta un tema cruciale nel campo dei reati tributari: l'obbligo di dichiarazione dei proventi derivanti da attività illecita. Questa decisione si colloca in un contesto giuridico in continuo mutamento, dove la trasparenza fiscale e la legalità dei redditi sono sempre più al centro dell'attenzione normativa e giurisprudenziale.

Il Contesto Normativo

Secondo l'art. 14, comma 4, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, i proventi derivanti da attività illecita rientrano tra i redditi tassabili. Questo implica che i soggetti che ottengono tali proventi sono tenuti a dichiararli nel proprio modello unico e a versare le imposte dovute. La sentenza in commento conferma questo principio, stabilendo che l'omessa indicazione di tali proventi integra il delitto di dichiarazione infedele, ex art. 4 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74.

Le Conseguenze della Mancata Dichiarazione

La Corte ha chiarito che la configurabilità del reato di dichiarazione infedele si verifica qualora i proventi non siano stati assoggettati a sequestro o confisca penale nel medesimo periodo di imposta. Questo aspetto è fondamentale poiché, in caso contrario, si determina una riduzione del reddito imponibile, in conformità con il principio della capacità contributiva sancito dalla Costituzione italiana.

Reati tributari - Proventi derivanti da attività illecita - Art. 14, comma 4, legge n. 537 del 1993 - Obblighi di dichiarazione e di versamento - Sussistenza - Conseguenze - Delitto di dichiarazione infedele ex art. 4 d.lgs. n. 74 del 2000 - Configurabilità - Eccezione - Ragioni - Fattispecie. In tema di reati tributari, i proventi da reato rientrano, ex art. 14, comma 4, legge 24 dicembre 1993, n. 537, nelle categorie di reddito tassabile di cui all'art. 6, comma 1, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, soggiacendo, pertanto, ai conseguenti obblighi di dichiarazione e di versamento, sicché la loro omessa indicazione nel modello unico delle persone fisiche integra il delitto di cui all'art. 4 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, nel caso in cui non siano stati assoggettati a sequestro o confisca penale nel medesimo periodo di imposta in cui si è verificato il presupposto impositivo, determinandosi in tale eventualità, in conformità al principio costituzionale della capacità contributiva, una riduzione del reddito imponibile. (Cfr.: Cass. civ., n. 28375 del 2019, Rv. 655895-01). (Fattispecie relativa a omessa dichiarazione del provento del delitto di peculato, già sottoposto a sequestro preventivo a fini di confisca del profitto del reato in annualità di imposta diversa da quella oggetto della dichiarazione in contestazione).

Conclusioni

In sintesi, la sentenza n. 44311 del 2024 sottolinea l'importanza della trasparenza fiscale e la responsabilità dei contribuenti nel dichiarare i redditi, anche se derivanti da attività illecita. La Corte di Cassazione ribadisce che la legalità e l'onestà fiscale sono principi fondamentali che devono guidare l'azione di ogni soggetto economico, evidenziando come l'omissione di tali doveri possa portare a conseguenze penali significative. Pertanto, è essenziale per i professionisti e i contribuenti stessi essere consapevoli delle proprie responsabilità in materia fiscale.

Studio Legale Bianucci