La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36898 del 14 giugno 2024, ha affrontato una questione cruciale riguardante l'applicabilità della pena accessoria del divieto di espatrio nei confronti dei condannati stranieri in materia di stupefacenti. Questa decisione non solo chiarisce un aspetto fondamentale della normativa italiana, ma offre anche spunti di riflessione sulle differenze di trattamento tra cittadini italiani e stranieri in caso di condanna.
La Corte ha rigettato il ricorso relativo all'applicazione del divieto di espatrio, stabilendo che tale pena accessoria, prevista dall'art. 85 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è applicabile esclusivamente ai cittadini italiani. Questo principio si basa su una lettura attenta delle norme vigenti e delle disposizioni della giurisprudenza. Infatti, la Corte ha richiamato precedenti massime, come la n. 10081 del 2020, che confermano questa interpretazione restrittiva.
Pene accessorie - Divieto di espatrio - Applicabilità al condannato straniero - Esclusione. In materia di stupefacenti, la pena accessoria del divieto di espatrio, prevista dall'art. 85 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, si applica solo nei confronti del cittadino italiano, e non anche nei confronti del condannato straniero.
La decisione della Corte di Cassazione ha diverse implicazioni pratiche e giuridiche, tra cui:
Questa sentenza solleva interrogativi sulla coerenza del sistema giuridico italiano, in particolare riguardo alla protezione dei diritti degli stranieri condannati. Le norme europee, in particolare, tendono a garantire un trattamento equo e non discriminatorio, e questa sentenza potrebbe risultare in contrasto con i principi di uguaglianza sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.
In conclusione, la sentenza n. 36898 del 2024 rappresenta un importante riferimento per la comprensione del diritto penale italiano e delle sue applicazioni. Essa sottolinea la necessità di un'analisi approfondita delle norme vigenti e delle loro conseguenze, invitando i legislatori a considerare un approccio più equo nei confronti dei condannati stranieri.