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Analisi della Sentenza Cass. pen., Sez. III, n. 6846 del 2024: Misure Cautelari e Favoreggiamento della Latitanza

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 6846 del 15 febbraio 2024, offre spunti significativi sull'applicazione delle misure cautelari in ambito penale, in particolare riguardo al favoreggiamento della latitanza di un capoclan mafioso. La decisione della Corte si fonda su un'analisi approfondita della gravità indiziaria e delle esigenze cautelari, stabilendo un importante precedente giuridico.

Contesto della Sentenza

La vicenda riguarda A.A., accusata di aver favorito la latitanza di B.B., un noto capoclan, attraverso la fornitura di farmaci e supporto logistico. Il Tribunale di Catanzaro aveva già confermato la misura degli arresti domiciliari, decisione che è stata successivamente impugnata in Cassazione. La Corte ha analizzato i motivi del ricorso, evidenziando come la difesa abbia contestato la gravità degli indizi a carico della ricorrente.

Gravità Indiziaria e Motivazione della Corte

La Corte ha rigettato le censure della difesa, affermando che la gravità indiziaria era ben supportata da elementi concreti. Tra questi, l'attivazione di A.A. e della sua famiglia per reperire farmaci per B.B. è stata considerata un'azione funzionale al mantenimento della latitanza. Inoltre, la Corte ha sottolineato come l'intenzione di A.A. di procurare un'auto per il latitante fosse un chiaro segno di complicità.

In tema di favoreggiamento personale, è configurabile l'aggravante dell'agevolazione mafiosa nella condotta di chi consapevolmente aiuti a sottrarsi alle ricerche dell’autorità un capoclan operante in un ambito territoriale in cui è diffusa la sua notorietà.

Esigenze Cautelari e Conclusioni

Un altro punto cruciale della sentenza riguarda la valutazione delle esigenze cautelari. La Corte ha affermato che la misura degli arresti domiciliari era adeguata, considerando i legami familiari tra A.A. e B.B., e il rischio di reiterazione dei reati. La Corte ha fatto riferimento alla presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari, stabilendo che i legami familiari giustificano misure più severe in presenza di reati di tale gravità.

  • Gravità indiziaria supportata da prove concrete.
  • Legami familiari come fattore aggravante.
  • Misure cautelari adeguate al rischio di reiterazione del reato.

Conclusioni

La sentenza n. 6846 della Corte di Cassazione rappresenta un'importante affermazione del principio di responsabilità in materia di favoreggiamento mafioso. L'attenzione posta dalla Corte sulla gravità indiziaria e sulle esigenze cautelari offre una guida preziosa per i magistrati e gli avvocati che operano in questo delicato ambito del diritto penale. La decisione sottolinea come le misure cautelari non debbano essere solo punitive, ma anche preventive, per garantire la sicurezza della società.