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Ricettazione e riciclaggio: commento alla sentenza Cass. pen. n. 46211 del 2023

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 46211 del 3 ottobre 2023, ha trattato temi di grande rilevanza nel diritto penale italiano, in particolare i reati di ricettazione e riciclaggio. In questo articolo, analizzeremo le principali motivazioni della sentenza, le questioni giuridiche sollevate dall'imputato e le implicazioni per la giurisprudenza.

Il contesto della sentenza

Il caso in esame riguarda A.A., condannato dalla Corte di Appello di Palermo per il reato di associazione a delinquere e due ipotesi di riciclaggio. L'imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando una serie di motivi, tutti rigettati dalla Corte. La sentenza si è concentrata sull'analisi della motivazione della condanna e sulla regolarità del procedimento.

Il ricorso è infondato, per cui va rigettato per i motivi che seguono.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondati i motivi di ricorso, evidenziando che la sentenza di appello costituiva una doppia conforme rispetto a quella di primo grado. Ciò significa che le due decisioni possono essere lette congiuntamente e formano un unico corpo decisionale. La Corte ha poi esaminato i vari motivi di impugnazione, chiarendo che non sono ammissibili motivi generici e indeterminati che ripropongono questioni già esaminate e ritenute infondate.

  • La Corte ha affermato che non è necessaria l'esplicita confutazione delle tesi difensive disattese.
  • È stata esclusa la configurabilità del reato di ricettazione in favore del riciclaggio, fornendo motivazioni chiare su come gli elementi costitutivi del reato siano stati soddisfatti.
  • È stata ribadita l'importanza dell'iter logico-giuridico nella motivazione della sentenza.

Le implicazioni giuridiche

Questa sentenza ha importanti ripercussioni per il diritto penale, in particolare per quanto riguarda la sussistenza delle attenuanti e la valutazione della recidiva. La Corte ha sottolineato che l'applicazione delle circostanze attenuanti deve essere valutata in relazione alla pena prevista per il reato presupposto, confermando che la recidiva è un elemento fondamentale nella determinazione della pena.

In particolare, la Corte ha stabilito che l'attenuante di cui all'art. 648-bis c.p. si applica solo se la pena per il reato presupposto è inferiore a cinque anni, includendo le circostanze aggravanti. Questo principio di diritto è cruciale per i futuri casi di riciclaggio e ricettazione, poiché chiarisce i criteri per la concessione delle attenuanti.

Conclusioni

In conclusione, la sentenza n. 46211 del 2023 offre un'importante interpretazione delle norme relative ai reati di ricettazione e riciclaggio, sottolineando la necessità di una motivazione chiara e coerente da parte dei giudici. La decisione della Corte di Cassazione ribadisce l'importanza del rispetto delle procedure legali e dei diritti dell'imputato, contribuendo a delineare un quadro giuridico più preciso e rigoroso in materia di diritto penale.