La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 21511/2024 offre un interessante spunto di riflessione sulla responsabilità dei sanitari in situazioni di emergenza, come nel caso di gravidanze gemellari. La Corte ha affrontato questioni rilevanti riguardanti l'operato dei medici e il nesso di causalità necessario per il risarcimento dei danni subiti dai pazienti. In particolare, il caso in esame ha coinvolto la morte di uno dei due gemelli e le gravi condizioni di salute dell'altro, con i genitori che hanno richiesto un risarcimento per le responsabilità attribuite ai sanitari.
Nel caso specifico, la Corte ha esaminato la richiesta di risarcimento avanzata dai genitori di due gemelli, uno dei quali è nato morto e l'altro con gravi invalidità, a seguito di un intervento cesareo effettuato in ritardo. I genitori hanno sostenuto che un intervento tempestivo avrebbe potuto salvare il gemello morto e ridurre i danni del gemello sopravvissuto. Tuttavia, la Corte ha confermato le decisioni dei giudici di merito, i quali avevano escluso la responsabilità dei sanitari per la morte del primo gemello, affermando che le patologie contratte lo avrebbero comunque portato al decesso.
La Corte di Cassazione ha ribadito che spetta al danneggiato provare il nesso causale tra inadempimento e danno subito.
Un aspetto centrale della sentenza riguarda l'onere della prova. Secondo la Corte, i genitori, in quanto attori, avevano l'obbligo di dimostrare non solo l'inadempimento dei sanitari, ma anche che tale inadempimento fosse causa del danno subito. La Corte ha quindi respinto le argomentazioni dei ricorrenti, sottolineando come la consulenza tecnica avesse evidenziato che, anche in caso di intervento tempestivo, il secondo gemello avrebbe comunque subito gravi danni.
Un'altra questione sollevata dai genitori riguardava la liquidazione del danno, che secondo loro era stata effettuata in modo inadeguato. La Corte ha confermato la posizione dei giudici di merito, specificando che la valutazione equitativa del danno era legittima, date le difficoltà nel determinare l'entità esatta del pregiudizio. Inoltre, la Corte ha ritenuto che la liquidazione del danno morale fosse infondata, poiché non vi era responsabilità dei sanitari per la morte del gemello.