La recente ordinanza n. 10043 della Corte di Cassazione, emessa il 15 aprile 2024, offre un'importante occasione di riflessione sulla responsabilità del datore di lavoro e sull'onere della prova in caso di malattie professionali. In particolare, la Corte si è pronunciata su un caso riguardante un lavoratore che aveva contratto l'epatite C a seguito di un infortunio sul lavoro, evidenziando aspetti fondamentali relativi alla valutazione delle prove documentali e alla responsabilità contrattuale.
Nel caso esaminato, il ricorrente, A.A., aveva citato in giudizio la Regione Calabria, successore dell'ASL 2 di Castrovillari, per il risarcimento del danno subito a causa di un'infezione contratta durante il servizio. La Corte d'appello di Catanzaro aveva inizialmente respinto la richiesta, ritenendo insufficiente la prova fornita dal lavoratore, che non era riuscito a dimostrare adeguatamente il nesso causale tra l'infortunio e la malattia.
La Corte di Cassazione ha sottolineato l'importanza di una valutazione complessiva delle prove, piuttosto che una selezione parziale.
La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha evidenziato che la Corte d'appello aveva trascurato di considerare una serie di documenti cruciali che avrebbero potuto suffragare le affermazioni del ricorrente. In particolare, la Corte ha ribadito che è fondamentale, nel rito del lavoro, che il giudice eserciti i suoi poteri istruttori d'ufficio per garantire un'effettiva tutela del diritto di difesa. La decisione ha messo in luce il principio che, nel contesto lavorativo, il nesso causale tra malattia e attività lavorativa deve essere valutato con un approccio meno rigido, tenendo conto di tutti gli elementi probatori disponibili.
Questa sentenza ha importanti implicazioni per i lavoratori e i datori di lavoro. Tra i punti chiave emersi, possiamo evidenziare:
La sentenza n. 10043/2024 della Corte di Cassazione si configura come un importante intervento sulla gestione delle prove nel contesto lavorativo, sottolineando la necessità di un'interpretazione flessibile e giusta delle normative vigenti. Ciò non solo tutela i diritti dei lavoratori, ma promuove anche un ambiente di lavoro più sicuro e responsabile da parte dei datori di lavoro. In un'epoca in cui le malattie professionali sono sempre più riconosciute, la giurisprudenza deve adattarsi per garantire giustizia e equità.