La recente ordinanza della Corte di Cassazione, n. 16874 del 25 maggio 2022, offre spunti di riflessione significativi sul tema della responsabilità professionale in ambito sanitario. La vicenda ha avuto origine da una causa in cui una paziente, D.M.M., ha richiesto il risarcimento per danni subiti a causa di un presunto ritardo diagnostico da parte della ginecologa D.R. Questa decisione evidenzia l'importanza della consulenza tecnica e le implicazioni che una sua corretta gestione può avere sul giudizio finale.
La paziente ha accusato la ginecologa di non aver effettuato ulteriori accertamenti nonostante evidenze ecografiche che suggerivano la presenza di una patologia tumorale. Dopo il primo grado, in cui il Tribunale di Roma ha accolto la domanda di risarcimento, la ginecologa ha impugnato la sentenza. La Corte d'Appello, tuttavia, ha confermato la decisione di primo grado, portando la ricorrente a presentare ricorso in Cassazione.
La ricorrente ha lamentato la violazione dell'art. 196 c.p.c., sostenendo che la Corte d'Appello non avesse adeguatamente giustificato il diniego alla rinnovazione della consulenza tecnica d'ufficio. Questo punto è cruciale, poiché la consulenza tecnica è uno strumento fondamentale per la valutazione della responsabilità medica e per l'accertamento dei fatti.
La Corte di Cassazione ha affermato che non sussisteva la prospettata omissione di esame, poiché la questione professionale era stata ampiamente trattata.
Questa sentenza della Cassazione ribadisce l'importanza di una corretta gestione delle consulenze tecniche nel contesto della responsabilità medica. La Corte ha chiarito che le decisioni devono basarsi su un'analisi approfondita delle prove e delle perizie presentate, evitando un approccio meramente formale. Pertanto, per i professionisti del settore legale e sanitario, è vitale garantire che ogni aspetto della consulenza venga attentamente considerato e giustificato, poiché ciò può influenzare significativamente l'esito delle controversie legali.