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Assegno di divorzio: commento alla sentenza Cass. civ., Ord. n. 18506 del 2024

La recente ordinanza della Corte di Cassazione, n. 18506 del 2024, rappresenta un'importante pronuncia in materia di assegno di divorzio, approfondendo il tema della compensazione economica tra ex coniugi. La decisione si basa su una serie di principi giuridici consolidati, che chiariscono come e quando l'assegno debba essere erogato, tenendo conto delle specifiche circostanze economiche e patrimoniali delle parti.

Il contesto della decisione

Nella fattispecie, il Tribunale di Lodi aveva inizialmente disposto un assegno divorzile di 800 euro mensili, ridotto poi a 600 euro dalla Corte di Milano, tenendo conto delle evidenze patrimoniali e reddituali dei coniugi. La Corte d'appello ha rilevato un significativo squilibrio tra le posizioni economiche dei due ex coniugi, sottolineando come l'ex moglie, B.B., avesse contribuito in modo sostanziale al patrimonio familiare, mentre il ricorrente, A.A., presentava una situazione economica nettamente più favorevole.

La funzione perequativa dell'assegno divorzile presuppone che il coniuge economicamente più debole abbia sacrificato occasioni lavorative o di crescita professionale per dedicarsi alla famiglia.

Principi giuridici alla base della sentenza

La Corte di Cassazione ha richiamato i principi espressi nelle Sezioni Unite (SU n. 18287/18), secondo cui l'assegno divorzile ha una duplice funzione: assistenziale e compensativa. In particolare, deve riconoscere il contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio familiare. Questo approccio implica che la prova del sacrificio professionale da parte dell'ex coniuge non debba necessariamente essere motivata da scelte di tipo affettivo, ma possa derivare anche da una condivisione di ruoli e responsabilità familiare.

Le criticità sollevate dal ricorrente

A.A. ha impugnato la decisione della Corte d'appello sostenendo che l'ex moglie non avesse realmente sacrificato opportunità professionali. Tuttavia, la Corte ha ritenuto che le evidenze presentate, come i contratti di collaborazione con il Politecnico di Milano, dimostrassero il contrario, evidenziando come tali scelte professionali fossero state limitate dalla necessità di accudire la famiglia.

  • Il ricorrente ha lamentato la violazione di norme processuali, sostenendo che la Corte avesse travisato la consulenza tecnica d'ufficio.
  • Inoltre, ha contestato l'asserita rinuncia dell'ex moglie a occasioni lavorative più redditizie.
  • Infine, ha sottolineato l'assenza di un adeguato esame delle prove testimoniali richieste.

Conclusioni

La sentenza della Corte di Cassazione si inserisce in un solco giurisprudenziale chiaro, che riconosce l'importanza del contributo dato dai coniugi durante la vita matrimoniale nella determinazione dell'assegno divorzile. È fondamentale che i giudici valutino con attenzione le evidenze economiche e patrimoniali, così come il ruolo di ciascun coniuge nel contesto familiare, per garantire una decisione equa e giusta. La pronuncia rappresenta un ulteriore passo verso una tutela adeguata dei diritti economici degli ex coniugi, favorendo una maggiore equità nelle separazioni e nei divorzi.