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Amministratore di fatto nei reati fallimentari: la Cassazione n. 8568/2024 sul ruolo di «dominus» nelle società inattive | Studio Legale Bianucci

Amministratore di fatto nei reati fallimentari: la Cassazione n. 8568/2024 sul ruolo di «dominus» nelle società inattive

L’ordinamento penale fallimentare conosce da tempo la figura dell’amministratore di fatto, soggetto che, pur privo di investitura formale, dirige in concreto la società fallita. Con la sentenza n. 8568 del 12 dicembre 2024, depositata il 3 marzo 2025, la Corte di Cassazione torna sul tema ribadendo un principio di grande impatto pratico: quando la società è già inattiva e avviata al fallimento, l’unico vero parametro per attribuire la qualifica di amministratore di fatto è la permanenza del ruolo di dominus da parte dell’ex amministratore di diritto. Una pronuncia che merita di essere analizzata anche alla luce degli artt. 216 e 223 l. fall. e della giurisprudenza precedente.

Il contesto normativo e giurisprudenziale

Gli artt. 216 e 223 della legge fallimentare disciplinano rispettivamente la bancarotta semplice e quella fraudolenta, estendendo la punibilità a «chiunque abbia concorso al dissesto» e, più in particolare, agli amministratori, direttori generali, liquidatori e «coloro che hanno in effetti esercitato i poteri di amministrazione». Proprio questa ultima espressione ha consentito alla giurisprudenza di elaborare la categoria dell’amministratore di fatto.

Già con Cass. n. 2514/2024, la Corte aveva chiarito che l’accertamento non richiede una coincidenza con l’organo societario, ma la prova di un potere gestionale continuativo e significativo. La nuova pronuncia si innesta in tale filone, ma affronta il peculiare scenario della società ormai priva di operatività.

In tema di reati fallimentari, quando la cessazione della carica di amministratore di diritto si verifichi nella fase di inattività della società perché ormai avviata al fallimento, la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce in quella del ruolo di "dominus" mantenuto anche dopo l'investitura formale del nuovo amministratore, atteso che non è ipotizzabile l'accertamento di elementi sintomatici dell'inserimento organico - attinenti ai rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero a qualunque settore gestionale - in un ente ormai esistente, da un punto di vista giuridico, solo formalmente.

Il passaggio sottolinea che, in assenza di reale attività d’impresa, non possono esistere gli indici tradizionali (contratti, direttive interne, relazioni con il mercato) che di solito provano la gestione di fatto. Resta dunque solo la verifica di chi, in concreto, continui a dettare le scelte dirimenti del fallimento.

Il cuore della pronuncia: il concetto di «dominus»

Nella vicenda, l’imputato D. S. si era dimesso, venendo sostituito da un nuovo amministratore formale. Tuttavia la Corte d’Appello di Roma, confermata dalla Cassazione, ha ritenuto che l’imputato avesse mantenuto il controllo sostanziale delle decisioni cruciali, in particolare sulla gestione del patrimonio residuo e sui rapporti con il curatore.

  • Continuità decisionale: le e-mail e i verbali dimostravano che le scelte strategiche provenivano ancora dall’ex amministratore.
  • Assenza di autonomia del successore: il nuovo amministratore risultava mero esecutore di istruzioni.
  • Mancanza di attività ordinaria: non essendoci più dipendenti o produzione, il solo «comando» vale come prova.

La Corte reputa quindi sufficiente il dato del «dominus», superando la necessità di plurimi indizi sintomatici richiesti nei casi di società operativa.

Implicazioni pratiche per professionisti e imprese

La sentenza offre indicazioni chiare a chi opera nel diritto societario e della crisi d’impresa:

  • Le dimissioni dall’organo amministrativo, se non accompagnate da una effettiva cessazione dell’ingerenza, non mettono al riparo da responsabilità penale.
  • L’“amministratore ombra” può emergere anche in fase pre-fallimentare, quando la società è di fatto un «guscio vuoto».
  • È opportuno verbalizzare ogni passaggio di consegne e rendere autonoma la nuova governance.

Conclusioni

Con la decisione n. 8568/2024 la Cassazione rafforza un orientamento che tutela la trasparenza nelle crisi d’impresa: l’ex amministratore che continui a esercitare il potere di comando resta penalmente responsabile, anche se la società non svolge più attività economica. Una lezione che suona come monito per chi, attraverso dimissioni solo formali, spera di sottrarsi alle conseguenze dei reati fallimentari.

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