La recente sentenza n. 10395/2025 della VI Sezione penale della Corte di Cassazione offre uno spunto prezioso per comprendere i confini del riconoscimento in Italia di decisioni penali irrevocabili pronunciate all’estero. Al centro, l’applicazione del d.lgs. 161/2010, che ha recepito la decisione quadro 2008/909/GAI, e il delicato tema della doppia incriminazione sostituito dal meccanismo delle categorie di reato elencate nell’allegato della stessa decisione UE.
Il legislatore italiano, con l’art. 11 d.lgs. 161/2010, ha previsto che il giudice chiamato a riconoscere la sentenza straniera debba attenersi alle sole categorie di reato indicate dalla lista UE, senza verificare la corrispondenza della fattispecie astratta (cd. doppia punibilità). Ne deriva che:
Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Catanzaro aveva riconosciuto una condanna pronunciata da un tribunale straniero qualificando le condotte come «traffico illecito di stupefacenti», categoria espressamente prevista dall’allegato della decisione quadro. La difesa di V. R. ha però evidenziato che gli imputati avevano detenuto droga esclusivamente per uso personale. La Cassazione, accogliendo il ricorso, ha ritenuto che la Corte territoriale avesse omesso di verificare l’esistenza di un errore manifesto e ha annullato con rinvio.
In tema di rapporti giurisdizionali con Autorità straniere, la Corte di appello, nel riconoscere la sentenza irrevocabile di condanna ai fini della sua esecuzione in Italia, deve far riferimento solo alle categorie di reato indicate nella lista della decisione quadro 2008/909/GAI, indipendentemente dalla doppia punibilità del reato per cui è richiesto il riconoscimento, come previsto dall'art. 11 d.lgs. 7 settembre 2010, n. 161, che ha dato attuazione all'indicata decisione quadro, essendole, purtuttavia, consentita la verifica dell'eventuale ricorrenza di un errore manifesto circa la categoria di reato indicato nel certificato emesso dall'Autorità richiedente.
La massima conferma che l’impianto europeo mira a facilitare la circolazione delle decisioni penali, ma non acriticamente: il giudice italiano deve controllare che la qualificazione fornita dallo Stato di emissione non sia palesemente errata. Nel nostro caso, la distinzione tra spaccio e detenzione per consumo personale, rilevante ex art. 73, comma 1-bis, d.P.R. 309/1990, ha un impatto decisivo: la seconda condotta non rientra nel concetto di «traffico illecito» della lista UE.
La pronuncia rimarca alcuni punti pratici:
La Cass. pen. n. 10395/2025 riafferma il delicato equilibrio tra semplificazione del riconoscimento delle sentenze straniere e tutela dei principi nazionali. L’obbligo di controllare l’errore manifesto funge da valvola di sicurezza contro possibili automatismi. Per gli operatori del diritto penale europeo, la decisione invita a un approccio vigile e documentato: solo così la cooperazione giudiziaria potrà coniugare efficienza e garanzie.