Il sistema giuridico italiano riconosce a tutti il diritto di agire e difendersi in giudizio, anche a coloro che non dispongono dei mezzi economici necessari. A tal fine è stato istituito il patrocinio a spese dello Stato, un istituto fondamentale che garantisce l'accesso alla giustizia ai meno abbienti. Tuttavia, l'applicazione di questo beneficio può talvolta generare quesiti complessi, specialmente quando entrambe le parti di un processo sono ammesse a tale agevolazione. La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 18187 del 14 maggio 2025, ha fornito un chiarimento essenziale in merito alla condanna alle spese processuali in un contesto così delicato, affrontando il caso di un imputato e di una parte civile entrambi ammessi al patrocinio statale.
La questione sottoposta all'attenzione della Suprema Corte riguardava un procedimento penale in cui l'imputato, il Sig. N. S., era stato condannato al risarcimento del danno in favore della parte civile. Entrambe le parti, tuttavia, godevano del beneficio del patrocinio a spese dello Stato. La sentenza di primo grado aveva condannato l'imputato anche al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile. La difesa dell'imputato aveva sollevato dubbi sulla legittimità di tale condanna, sostenendo che, essendo entrambi i soggetti ammessi al patrocinio statale, le spese avrebbero dovuto rimanere interamente a carico dell'erario, senza possibilità di rivalsa sull'imputato.
In tema di patrocinio a spese dello Stato, l'imputato ammesso al beneficio, nel caso di condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile ad esso del pari ammessa, deve essere altresì condannato alla rifusione, in favore dell'erario, delle spese processuali da quest'ultima sostenute, non potendo le stesse restare a carico dello Stato. (In motivazione, la Corte ha precisato che trovano applicazione la previsione dell'art. 110, comma 3, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e il principio generale di soccombenza, sancito dall'art. 541 cod. proc. pen.).
Questa massima della Corte di Cassazione è di fondamentale importanza perché stabilisce un principio chiaro: anche se l'imputato è ammesso al patrocinio a spese dello Stato, qualora venga condannato a risarcire il danno alla parte civile (anch'essa ammessa al patrocinio statale), non può sfuggire all'obbligo di rimborsare le spese processuali sostenute dalla parte civile, ma tale rimborso dovrà avvenire in favore dello Stato, e non direttamente alla parte civile. In altre parole, lo Stato, che ha anticipato le spese per la parte civile vittoriosa, ha diritto di recuperarle dall'imputato soccombente, pur se questi è anch'esso ammesso al beneficio. La logica è semplice ma potente: il principio di soccombenza, secondo cui chi perde la causa paga le spese, non viene meno. Ciò che cambia è il destinatario del pagamento, che diventa l'erario.
La Corte di Cassazione, presieduta dalla Dott.ssa G. V. e con relatore il Dott. G. N., ha rigettato il ricorso dell'imputato, confermando la condanna al pagamento delle spese. La decisione si fonda su un'attenta interpretazione delle norme che regolano il patrocinio a spese dello Stato e il principio generale di soccombenza. In particolare, la Corte ha richiamato due pilastri normativi:
La Corte ha quindi ribadito che l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato non esonera la parte soccombente, condannata al risarcimento, dal sostenere le spese processuali, ma semplicemente sposta il beneficiario del rimborso dall'altra parte all'erario. Questo meccanismo garantisce un equilibrio tra il diritto di difesa e l'esigenza di non gravare in modo ingiustificato sulle finanze pubbliche.
Questa pronuncia ha importanti implicazioni pratiche. Per gli imputati ammessi al patrocinio statale, significa che una condanna al risarcimento del danno in favore di una parte civile anch'essa ammessa al beneficio comporterà comunque un onere economico per le spese legali, seppur a favore dello Stato. Per le parti civili, la sentenza conferma che, pur beneficiando del patrocinio, in caso di vittoria avranno la certezza che le spese anticipate dall'erario verranno recuperate dalla parte soccombente, rafforzando la fiducia nel sistema di giustizia. La Corte ha citato diverse massime precedenti conformi, come la N. 33630 del 2022 e la N. 48907 del 2016, a dimostrazione della solidità di questo orientamento giurisprudenziale, che trova le sue radici anche in decisioni delle Sezioni Unite (N. 5464 del 2020).
La sentenza n. 18187/2025 della Corte di Cassazione rappresenta un tassello importante nel panorama del diritto processuale e del patrocinio a spese dello Stato. Essa riafferma il principio di soccombenza come cardine del nostro ordinamento, anche in situazioni apparentemente complesse come quelle in cui entrambe le parti beneficiano dell'assistenza legale statale. La decisione sottolinea la necessità di bilanciare il diritto di accesso alla giustizia per tutti con l'esigenza di tutelare le risorse pubbliche. In definitiva, chi commette un illecito e viene condannato al risarcimento, anche se non abbiente, deve comunque contribuire ai costi della giustizia, a beneficio dello Stato che ha garantito la difesa alla parte lesa. Questo principio rafforza la responsabilità individuale e la sostenibilità del sistema giudiziario nel suo complesso.