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Segni Mendaci e Merce Estera: La Sentenza 20191/2025 della Cassazione e i Limiti del Reato ex Art. 517 c.p. | Studio Legale Bianucci

Segni Mendaci e Merce Estera: La Sentenza 20191/2025 della Cassazione e i Limiti del Reato ex Art. 517 c.p.

La tutela della proprietà industriale e l'integrità del mercato sono pilastri fondamentali del nostro sistema giuridico. In questo contesto, il reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci, previsto dall'articolo 517 del Codice Penale, gioca un ruolo cruciale. Tuttavia, quando si tratta di merce proveniente dall'estero e destinata ad altri paesi, la configurabilità di tale reato richiede un'attenta valutazione. La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 20191 del 2025 (depositata il 30/05/2025), ha fornito importanti chiarimenti, delineando con precisione i confini applicativi di questa fattispecie penale in un contesto di commercio internazionale.

La questione giuridica: merce in transito e l'Art. 517 c.p.

Il caso in esame vedeva un imputato, G. Y., accusato del reato di cui all'articolo 517 c.p., ossia la vendita di prodotti industriali con segni, nomi o indicazioni mendaci, idonei a trarre in inganno il compratore sull'origine, la provenienza o la qualità del prodotto. La peculiarità della vicenda risiedeva nel fatto che la merce contestata proveniva da uno Stato estero ed era destinata a un altro Stato estero, senza che fosse mai stata introdotta nel mercato interno italiano o presentata alla dogana per lo sdoganamento. Il Tribunale di Trieste, in data 15/05/2024, aveva rigettato le accuse, una decisione poi confermata dalla Suprema Corte. La questione centrale che si poneva ai giudici era stabilire se, in un simile scenario di transito internazionale, fosse configurabile il reato.

Il delitto di vendita di prodotti industriali con segni mendaci non è configurabile, per l'insussistenza della condotta di "messa in circolazione", nel caso di merce proveniente da Stato estero che sia destinata ad altro Stato estero, mai uscita dalla sfera della disponibilità del detentore, non destinata al mercato interno e nemmeno presentata o destinata ad essere presentata alla dogana.

Questa massima condensa l'orientamento della Cassazione. La chiave di volta è l'assenza della "messa in circolazione". Ma cosa significa esattamente "messa in circolazione" in questo contesto? Non si tratta di un semplice movimento fisico della merce, bensì della sua introduzione nel circuito commerciale interno, con la possibilità concreta di ingannare i consumatori italiani. Il reato ex art. 517 c.p. mira a tutelare la fede pubblica e la lealtà commerciale all'interno del mercato nazionale. Se la merce non entra in questo mercato, la condotta tipica del reato non si perfeziona. La Corte ha richiamato anche l'Art. 6 c.p. sulla territorialità della legge penale, sottolineando che il reato deve essere commesso nel territorio dello Stato per essere punibile secondo la legge italiana. Inoltre, la Legge n. 350/2003, art. 4 comma 49, che mira a contrastare la contraffazione e la falsificazione di prodotti "Made in Italy", si applica a merci destinate al consumo interno o comunque presentate come italiane. Analogamente, il Regolamento del Consiglio CEE n. 608/2013, pur riguardando l'applicazione dei diritti di proprietà intellettuale da parte delle autorità doganali, presuppone un'interferenza con il mercato dell'Unione, che nel caso di mero transito non si verifica.

L'analisi della Corte di Cassazione: la "messa in circolazione" come elemento essenziale

La Cassazione, presieduta da S. G. e con estensore A. A., ha rigettato il ricorso del Pubblico Ministero P. G., confermando la decisione del Tribunale di Trieste. La sentenza si allinea a precedenti conformi (come la N. 8734 del 2010 Rv. 246215-01), rafforzando il principio secondo cui la "messa in circolazione" della merce nel territorio nazionale è un elemento costitutivo imprescindibile per la configurabilità del delitto di vendita di prodotti con segni mendaci. I giudici hanno evidenziato che la merce in questione:

  • Proveniva da uno Stato estero ed era destinata ad altro Stato estero.
  • Non era mai uscita dalla sfera di disponibilità del detentore.
  • Non era destinata al mercato interno italiano.
  • Non era stata nemmeno presentata o destinata ad essere presentata alla dogana italiana per l'immissione in consumo.

Questi fattori cumulativi sono stati determinanti per escludere la condotta tipica del reato. L'assenza di un effettivo contatto con il mercato nazionale e l'assenza di un intento di ingannare i consumatori italiani rendono la condotta non punibile ai sensi dell'articolo 517 c.p.

Implicazioni pratiche e tutela del mercato

Questa pronuncia è di notevole importanza per le imprese che operano nel commercio internazionale e per gli operatori del diritto. Essa chiarisce che il mero transito di merci con segni potenzialmente mendaci attraverso il territorio italiano, senza alcuna intenzione di immetterle nel mercato interno, non costituisce di per sé reato. Ciò non significa, tuttavia, che il sistema sia privo di tutele. Al contrario, la normativa vigente offre strumenti efficaci per contrastare la contraffazione e la frode commerciale quando queste condotte sono effettivamente dirette a danneggiare il mercato italiano o i consumatori. La sentenza ribadisce la necessità di distinguere tra un'attività di transito internazionale legittima e un tentativo di frode o contraffazione che abbia un impatto sul nostro mercato. È un bilanciamento tra la libertà di commercio internazionale e la protezione degli interessi nazionali.

Conclusioni

La Sentenza n. 20191 del 2025 della Corte di Cassazione offre un prezioso contributo alla giurisprudenza in materia di reati contro l'industria e il commercio. Sottolineando l'essenzialità della "messa in circolazione" nel mercato interno, la Corte ha fornito un criterio chiaro per distinguere le condotte penalmente rilevanti da quelle che, pur coinvolgendo merci con segni mendaci, rimangono al di fuori dell'ambito di applicazione dell'articolo 517 c.p. in ragione della loro natura meramente transfrontaliera. Per gli operatori del settore, ciò significa maggiore certezza giuridica nelle operazioni di import-export e una conferma che la legge penale interviene laddove vi sia un effettivo pericolo per la fede pubblica e la lealtà commerciale nel territorio dello Stato.

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