La Terza Sezione penale della Corte di Cassazione, con la pronuncia 16088/2025 (dep. 28 aprile 2025), torna a occuparsi della confisca obbligatoria del veicolo ex art. 259, comma 2, d.lgs. 152/2006. Il caso nasce dal ricorso di L. M., proprietaria del mezzo sequestrato perché utilizzato da terzi per trasportare rifiuti in violazione dell’art. 256 del Testo Unico Ambientale. Il Tribunale del Riesame di Cosenza aveva confermato il vincolo, ritenendo irrilevante la dedotta estraneità della proprietaria. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, ma compie importanti precisazioni sui poteri difensivi del terzo estraneo e sui requisiti della «buona fede».
L’art. 259, co. 2, d.lgs. 152/2006 impone la confisca «dei mezzi di trasporto utilizzati» per la commissione dei reati di traffico illecito di rifiuti. Trattandosi di misura di sicurezza reale, la confisca colpisce il bene a prescindere dalla responsabilità penale del proprietario. Ciò comporta due effetti principali:
In tema di illecita gestione di rifiuti, il terzo proprietario del veicolo utilizzato per commettere il reato, soggetto a confisca obbligatoria ex art. 259, comma 2, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, non è legittimato a interloquire sulla sussistenza del "fumus" dell'illecito, a lui non addebitato, ma posto a fondamento del sequestro preventivo funzionale alla misura ablatoria, ma può dimostrare la sua buona fede, ovvero che l'uso illecito del mezzo gli era ignoto o, comunque, non è collegabile ad un suo comportamento colpevole o negligente.
La Corte nega al terzo la possibilità di contestare il fumus commissi delicti, in quanto la verifica della gravità indiziaria riguarda l’autore del reato e non chi, pur proprietario, è estraneo all’illecito. Il proprietario, tuttavia, resta titolare di un diritto di difesa concreto: può evitare la confisca dimostrando la propria buona fede. Ciò significa provare che:
La soluzione si colloca nel solco delle Sezioni Unite 10561/2014, secondo cui la confisca non può pregiudicare il terzo incolpevole. Con la sentenza odierna, la Corte bilancia l’aggressione patrimoniale con la tutela dell’affidamento, circoscrivendo il tema probatorio alla diligenza del proprietario.
L’indirizzo è coerente con l’art. 1 Protocollo n. 1 CEDU, che impone un ragionevole equilibrio tra interesse pubblico e tutela del diritto di proprietà. La Corte costituzionale, in pronunce quali la n. 112/2019, ha valorizzato il principio di proporzionalità delle misure ablative quando incidono su soggetti non colpevoli. La Cassazione, dunque, interpreta l’art. 259 in modo conforme ai parametri sovranazionali: la confisca resta obbligatoria, ma si arresta innanzi al terzo che dimostri diligente estraneità.
Per tutelare efficacemente i clienti che rischiano la confisca del mezzo nella fase cautelare, occorrerà:
La ratio della sentenza è chiara: non basta affermare l’estraneità, occorre dimostrarla con un comportamento diligente ex art. 1176 c.c., parametro civile richiamato in via analogica per valutare la colpa.
La sentenza 16088/2025 conferma il trend della Cassazione volto a rafforzare l’efficacia delle misure patrimoniali nei reati ambientali, senza sacrificare il diritto di proprietà del terzo estraneo. L’onere probatorio sulla buona fede è gravoso, ma non impossibile: una difesa ben documentata può impedire la perdita definitiva del veicolo. Gli avvocati sono quindi chiamati a un approccio proattivo, costruendo fin da subito un dossier probatorio che dimostri l’assenza di colpa o negligenza del proprietario.