Il diritto processuale penale è costantemente ridefinito da importanti pronunce giurisprudenziali. Una di queste è la sentenza n. 20143 del 23 aprile 2025 (depositata il 29 maggio 2025) della Corte di Cassazione, che ha chiarito aspetti cruciali in materia di impugnazioni penali. Presieduta dalla Dott.ssa G. V. e relata dal Dott. G. N., questa decisione si inserisce nel contesto delle recenti modifiche legislative, in particolare quelle introdotte dalla Legge 9 agosto 2024, n. 114, influenzando direttamente i poteri di appello del Pubblico Ministero.
La Legge n. 114/2024, attraverso l'art. 2, comma 1, lett. p), ha modificato l'art. 593, comma 2, primo periodo, del Codice di Procedura Penale. Tale riforma ha stabilito l'inappellabilità, da parte del Pubblico Ministero, delle sentenze di proscioglimento relative a reati per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio. L'obiettivo è chiaro: snellire i procedimenti per i reati di minore gravità, riducendo il carico delle Corti d'Appello. Tuttavia, è sorta una questione interpretativa fondamentale: questa limitazione si estendeva anche alle sentenze di proscioglimento emesse a seguito di giudizio abbreviato, o era confinata alle sole sentenze dibattimentali?
La Corte di Cassazione ha risolto questo interrogativo con la sentenza n. 20143 del 2025, nel caso che vedeva il P. M. T. contro L. M., fornendo un'interpretazione univoca e consolidando l'orientamento restrittivo sui poteri di impugnazione del Pubblico Ministero. Il Tribunale di Torino aveva precedentemente emesso una decisione che è stata annullata con rinvio, portando alla luce la necessità di un chiarimento della Suprema Corte.
In tema di impugnazioni, le sentenze di proscioglimento relative a reati per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio, a seguito della novellazione dell'art. 593, comma 2, primo periodo, cod. proc. pen., ad opera dell'art. 2, comma 1, lett. p), legge 9 agosto 2024, n. 114, non sono appellabili dal pubblico ministero neanche nel caso in cui risultino emesse in esito a giudizio abbreviato, posto che la citata disposizione non limita l'inappellabilità alle sole sentenze di proscioglimento pronunciate in dibattimento.
Questa massima è di capitale importanza. La Cassazione ha stabilito che la non appellabilità da parte del Pubblico Ministero non dipende dal rito processuale (ordinario o abbreviato), ma esclusivamente dalla natura del reato, ovvero se rientra tra quelli per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio. Pertanto, una sentenza di proscioglimento per un reato a citazione diretta non sarà appellabile dal PM, indipendentemente dal fatto che sia stata pronunciata in dibattimento o in giudizio abbreviato. Questa interpretazione è fedele al tenore letterale della norma e rafforza l'obiettivo di deflazione e celerità processuale voluto dal legislatore.
Le conseguenze di questa pronuncia sono significative per tutti gli operatori del diritto:
Questa decisione bilancia la celerità processuale con le garanzie difensive, un principio cardine del diritto penale.
La sentenza n. 20143 del 2025 della Corte di Cassazione rappresenta un punto fermo nell'interpretazione dell'art. 593, comma 2, c.p.p. novellato. Dissipando ogni dubbio sull'applicabilità dell'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento per i reati a citazione diretta anche ai giudizi abbreviati, la Suprema Corte fornisce chiarezza agli operatori del diritto e rafforza i principi di celerità e deflazione processuale. Per uno Studio Legale, rimanere aggiornati su tali sviluppi giurisprudenziali è essenziale per offrire la migliore assistenza legale.