La Riforma Cartabia (D.Lgs. n. 150 del 2022) ha rappresentato un momento cruciale per il sistema giudiziario italiano, introducendo significative novità volte a snellire i processi e a promuovere un approccio più rieducativo alla pena. Tra le modifiche più rilevanti, vi è stata un'ampia revisione del regime delle pene sostitutive delle pene detentive brevi, con l'obiettivo di ridurre il sovraffollamento carcerario e favorire percorsi di reinserimento sociale. Tuttavia, l'introduzione di una nuova normativa genera sempre interrogativi sulle sue modalità di applicazione, specialmente per le situazioni giuridiche già in essere. In questo contesto si inserisce la recente e importante pronuncia della Corte di Cassazione, Sentenza n. 18260 del 2025, che ha fornito un chiarimento essenziale in materia di libertà controllata e delle nuove sanzioni sostitutive.
Prima della Riforma Cartabia, le pene sostitutive di pene detentive brevi (fino a due anni) erano principalmente l'affidamento in prova ai servizi sociali, la detenzione domiciliare e la libertà controllata. Con il D.Lgs. n. 150/2022, il legislatore ha ampliato il ventaglio delle sanzioni sostitutive, introducendo nuove opzioni come i lavori di pubblica utilità e la semilibertà. L'intento era quello di offrire al giudice una maggiore flessibilità nella scelta della sanzione più adeguata al singolo caso, privilegiando soluzioni alternative al carcere quando possibile. Queste nuove disposizioni hanno suscitato grande interesse, ponendo l'accento sulla necessità di comprendere come esse interagissero con le situazioni già definite o in corso al momento dell'entrata in vigore della riforma.
Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione riguardava la posizione dell'imputato F. G. F., a cui era stata applicata la misura della libertà controllata prima dell'entrata in vigore della Riforma Cartabia. La questione centrale verteva sulla possibilità di convertire tale misura in una delle nuove sanzioni sostitutive introdotte dal D.Lgs. n. 150 del 2022, nonostante la statuizione non fosse ancora divenuta irrevocabile, ovvero non fosse coperta da giudicato. Molti si chiedevano se l'assenza di un giudicato definitivo potesse aprire la strada a un'applicazione retroattiva delle nuove, potenzialmente più favorevoli, disposizioni. La Cassazione, con la sua pronuncia, ha fornito una risposta chiara e inequivocabile:
In tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, la libertà controllata già applicata alla data di entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, seppur con statuizione non coperta da giudicato, non può essere convertita in altra sanzione sostitutiva introdotta dalla cd. "riforma Cartabia", ostandovi la disposizione transitoria di cui all'art. 95, comma 2, del medesimo decreto legislativo.
Questa massima è di fondamentale importanza. Essa stabilisce che, anche se una sentenza che applica la libertà controllata non è ancora definitiva (cioè "non coperta da giudicato"), non è possibile convertirla nelle nuove pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia. Questo significa che il principio di non retroattività delle norme più sfavorevoli, o di retroattività di quelle più favorevoli, trova un limite nelle specifiche disposizioni transitorie previste dal legislatore per governare il passaggio da una normativa all'altra.
La decisione della Suprema Corte si fonda su una rigorosa interpretazione dell'art. 95, comma 2, del D.Lgs. n. 150 del 2022, che disciplina il diritto transitorio in materia di pene sostitutive. Questa norma è stata pensata proprio per evitare incertezze e disomogeneità nell'applicazione della legge nel periodo di transizione. La Cassazione ha evidenziato che l'espressione "già applicata" contenuta nella norma transitoria deve essere intesa nel senso di una pena che ha già trovato concreta applicazione, anche se il provvedimento non è ancora divenuto definitivo. Le ragioni di tale scelta legislativa sono molteplici e mirano a garantire:
Questa interpretazione sottolinea l'importanza delle norme transitorie, le quali, pur potendo apparire rigide, sono essenziali per la fluidità e la prevedibilità del sistema giuridico. Esse evitano che l'introduzione di nuove leggi generi un'ondata di revisioni di casi preesistenti, con un conseguente rallentamento dell'amministrazione della giustizia.
La Sentenza n. 18260 del 2025 della Corte di Cassazione rappresenta un punto fermo nella complessa cornice applicativa della Riforma Cartabia in materia di pene sostitutive. Essa chiarisce definitivamente che la libertà controllata già applicata prima dell'entrata in vigore della riforma non può essere convertita nelle nuove sanzioni, anche in assenza di un giudicato irrevocabile. Questa pronuncia fornisce una guida preziosa per i giudici, gli avvocati e tutti gli operatori del diritto, delimitando con precisione l'ambito di applicazione temporale delle innovazioni introdotte. La decisione rafforza il principio di certezza del diritto e ribadisce la centralità delle disposizioni transitorie per un'ordinata evoluzione del sistema normativo, garantendo che le riforme, pur ambiziose, si inseriscano nel tessuto giuridico con chiarezza e prevedibilità.