La recente ordinanza n. 1903 del 27 gennaio 2025 della Corte Suprema di Cassazione offre importanti chiarimenti in merito al risarcimento del danno da nascita indesiderata, un tema di rilevante attualità e delicatezza. La sentenza, firmata dal presidente F. De Stefano e dal relatore P. Gianniti, si concentra sulla responsabilità civile del medico in relazione all'interruzione volontaria di gravidanza, sottolineando il ruolo cruciale dell'informazione fornita alle pazienti.
La Corte si è pronunciata su un caso in cui la gestante rivendicava il risarcimento dei danni sostenendo di non essere stata adeguatamente informata riguardo le possibilità di interruzione della gravidanza. Secondo la legge italiana, in particolare l'articolo 6 della legge n. 194 del 1978, l'interruzione volontaria della gravidanza è legittima solo in circostanze specifiche. Tuttavia, se un medico non fornisce le informazioni necessarie, può essere ritenuto responsabile per la mancata possibilità della donna di esercitare il proprio diritto di scelta.
Danno da nascita indesiderata - Interruzione volontaria di gravidanza - Presupposti - Onere probatorio - Presunzioni - Requisiti. In tema di risarcimento del danno da nascita indesiderata conseguente a responsabilità medica, poiché l'interruzione volontaria della gravidanza è legittima in evenienze che restano eccezionali, l'impossibilità della scelta della madre di determinarsi a quella, imputabile a negligente carenza informativa del medico curante, può essere fonte di responsabilità civile a condizione che: a) ricorrano i presupposti normativi di cui all'art. 6 della l. n. 194 del 1978; b) risulti la volontà della donna di non portare a termine la gravidanza. Il relativo onere della prova ricade sulla gestante, ma può essere assolto anche in via presuntiva, sempre che i presupposti della fattispecie facoltizzante siano stati tempestivamente allegati e siano rispettati i requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui all'art. 2729 c.c..
Un aspetto cruciale della sentenza è l'onere probatorio che grava sulla gestante. È fondamentale che la donna dimostri la sua intenzione di non portare a termine la gravidanza e che tale impossibilità sia stata causata da una carenza informativa da parte del medico. Tuttavia, la Corte ammette che questa prova possa essere fornita anche in via presuntiva, a condizione che siano rispettati determinati requisiti di gravità, precisione e concordanza, come stabilito dall'articolo 2729 del Codice Civile.
L'ordinanza n. 1903 del 2025 della Corte Suprema di Cassazione chiarisce in modo significativo il delicato equilibrio tra i diritti delle donne e le responsabilità dei professionisti della salute. Essa riconosce che una carenza informativa può costituire una violazione del diritto di scelta della gestante, aprendo la strada a potenziali azioni risarcitorie. È essenziale che le donne siano informate compiutamente sui loro diritti in materia di interruzione di gravidanza, affinché possano prendere decisioni consapevoli e libere. La sentenza rappresenta un passo importante verso una maggiore tutela dei diritti delle donne in ambito sanitario.
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