Il diritto penale italiano, in continua evoluzione, specialmente dopo la Riforma Cartabia, presenta questioni interpretative complesse. Una di queste è l'interazione tra giudicato parziale, mutamento del regime di procedibilità di un reato e l'efficacia della remissione di querela. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18346 del 2025, offre un chiarimento fondamentale, cruciale per avvocati e operatori del diritto.
La pronuncia affronta un annullamento parziale con rinvio da parte della Suprema Corte, limitato al solo trattamento sanzionatorio. In tali casi, l'accertamento del reato e la sua attribuibilità all'imputato – come R. A., accusato di furto tentato aggravato – acquisiscono autorità di cosa giudicata. Ciò significa che questi aspetti non possono più essere discussi nel nuovo giudizio.
Con le recenti riforme, molti reati sono passati da procedibili d'ufficio a querela. Ci si chiede se un mutamento di procedibilità possa influenzare un giudizio di rinvio, dato il giudicato parziale già formatosi. La Cassazione risponde con una distinzione essenziale:
In caso di annullamento parziale con rinvio da parte della Corte di cassazione relativo unicamente al trattamento sanzionatorio, acquistano autorità di cosa giudicata le questioni attinenti all'accertamento sulla sussistenza del reato e sulla sua attribuibilità all'imputato, con conseguente irrilevanza, nel nuovo giudizio, di questioni relative al mutato regime di procedibilità del reato, diversamente da quanto avviene nel caso di remissione di querela, il cui effetto estintivo, in quanto collegato alla semplice esistenza del processo e non a quanto in esso accertato, non è precluso dalla formazione del giudicato parziale. (Fattispecie di furto tentato aggravato).
La massima chiarisce che il giudicato parziale sull'accertamento del reato rende irrilevante un successivo mutamento del regime di procedibilità. Il giudicato si forma sul "fatto" e sull'"imputazione", mentre la procedibilità è una condizione dell'azione penale. Se il fatto è già accertato definitivamente, la sua procedibilità è ininfluente per la prosecuzione del giudizio, salvo per la pena.
La vera innovazione della sentenza n. 18346/2025 risiede nella distinzione rispetto alla remissione di querela. Nonostante il giudicato parziale sul merito, la Corte afferma che la remissione mantiene la sua piena efficacia estintiva. Questa differenza deriva dalla natura stessa della remissione.
A differenza del mutamento di procedibilità, la remissione è un atto di volontà della persona offesa che incide direttamente sull'esistenza del processo. Il suo effetto estintivo non è legato a quanto accertato nel merito, ma alla semplice esistenza e prosecuzione del procedimento penale. Agisce come un "ritiro" della possibilità di perseguire il reato, indipendentemente dalla sua fondatezza già accertata. Questo principio è cruciale per i reati resi procedibili a querela dalla Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2020, art. 2, comma 1, lett. I).
La Corte, con Presidente R. P. e Estensore M. E. M., sottolinea che l'effetto estintivo della remissione non è precluso dalla formazione del giudicato parziale, riconoscendo la prevalenza della volontà della parte offesa in un'ottica di deflazione processuale. Tra gli effetti pratici:
La sentenza n. 18346 del 2025 della Cassazione fornisce un orientamento chiaro sull'interazione tra giudicato parziale, riforme processuali e remissione di querela. Riconosce la solidità del giudicato sui fatti accertati, ma al contempo la forza estintiva della remissione, anche quando interviene dopo un giudicato parziale.
Per avvocati e operatori del diritto, questa pronuncia è fondamentale per navigare nei giudizi di rinvio. Sottolinea l'importanza di valutare ogni opportunità di conciliazione e di considerare la remissione della querela come uno strumento efficace per la definizione del procedimento, anche in fasi avanzate. Un equilibrio delicato tra la certezza del diritto e la flessibilità necessaria per la migliore soluzione per le parti coinvolte.