Nel complesso panorama del diritto penale, la precisione delle procedure è un baluardo a tutela dei diritti fondamentali. La Suprema Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 17235 del 18/02/2025 (depositata il 07/05/2025), ha fornito un'importante chiarificazione in merito all'elezione di domicilio e alla validità delle notifiche tramite Posta Elettronica Certificata (PEC). Questa pronuncia, che annulla con rinvio una decisione della Corte d'Appello di Messina, si inserisce in un contesto di crescente digitalizzazione dei processi e sottolinea l'inderogabile necessità di rispettare le formalità per garantire la piena esplicazione del diritto di difesa.
La vicenda processuale ha visto coinvolto l'imputato C., con P.M. B. A., per il quale era stata disposta la notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello. L'elezione di domicilio era avvenuta, come ormai prassi consolidata, presso il proprio difensore, con indicazione specifica dell'indirizzo PEC di quest'ultimo. Tuttavia, la notifica è stata effettuata a un indirizzo PEC diverso da quello esplicitamente indicato. La Corte di Cassazione, presieduta da P. R. e con estensore G. A., ha ritenuto tale errore non una mera irregolarità, ma una causa di nullità assoluta. È significativo notare che la fattispecie si colloca nell'ambito di un giudizio di appello "cartolare", celebrato sotto la disciplina emergenziale pandemica (Decreto Legge 28/10/2020 n. 137, art. 23 bis comma 2), che aveva amplificato l'uso degli strumenti digitali, rendendo ancora più cruciale l'accuratezza delle procedure telematiche.
In tema di impugnazioni, è legittima l'elezione di domicilio effettuata dall'imputato, in uno con l'atto di appello, presso il proprio difensore, indicando l'indirizzo di posta elettronica certificata di quest'ultimo come luogo dove ricevere la notificazione degli atti, sicché la notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello avvenuta presso un indirizzo PEC diverso da quello indicato, risultando inidonea a consentire la conoscenza dell'atto al destinatario, è affetta da una nullità assoluta. (Fattispecie in tema di giudizio di appello "cartolare" celebrato nel vigore della disciplina emergenziale pandemica).
Questa massima della Cassazione cristallizza un principio fondamentale: l'elezione di domicilio presso l'indirizzo PEC del difensore è pienamente valida e costituisce un mezzo efficace per la ricezione degli atti processuali. Il cuore della pronuncia risiede però nella perentoria affermazione che una notifica eseguita ad un indirizzo PEC differente da quello specificamente indicato dall'imputato (tramite il suo difensore) è inidonea a raggiungere il suo scopo primario: portare l'atto a conoscenza del destinatario. Tale inidoneità non si traduce in una semplice nullità a regime intermedio, ma in una "nullità assoluta". Ciò significa che l'atto è viziato in modo insanabile e rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, in quanto lesivo di diritti fondamentali dell'imputato, come il diritto alla difesa (Art. 24 Costituzione e Art. 178, comma 1, lettera c, c.p.p.). La Corte ha quindi ribadito la necessità di una stretta osservanza delle forme di notificazione, soprattutto quando queste attengono alla possibilità per l'imputato di partecipare e difendersi nel processo.
Il Codice di Procedura Penale (Art. 179, comma 1, c.p.p.) elenca i casi di nullità assoluta, che includono le ipotesi di omessa o invalida citazione dell'imputato. La pronuncia in esame si allinea perfettamente a tale previsione, considerando che la notifica a un indirizzo PEC errato equivale, di fatto, a una mancata citazione. L'imputato C. non avrebbe potuto avere conoscenza effettiva del decreto di citazione, pregiudicando gravemente la sua possibilità di preparare la difesa e di partecipare al giudizio di appello. Questo principio è stato già affrontato dalla giurisprudenza di legittimità in diverse occasioni (si vedano le massime precedenti richiamate, come N. 52517 del 2016 e N. 9363 del 2021), che hanno costantemente sottolineato come la regolarità delle notifiche sia un pilastro del giusto processo. L'evoluzione tecnologica ha introdotto la PEC come strumento di notifica privilegiato, ma ciò non deve in alcun modo diminuire il rigore formale, anzi, lo amplifica, richiedendo una precisione ancora maggiore nella gestione degli indirizzi digitali.
La sentenza n. 17235/2025 della Corte di Cassazione rappresenta un monito importante per tutti gli operatori del diritto. In un'era di digitalizzazione accelerata, la correttezza delle procedure telematiche non è un dettaglio, ma un requisito essenziale per la validità degli atti e la tutela dei diritti. Per gli avvocati, ciò significa una cura ancora maggiore nell'indicazione e verifica degli indirizzi PEC per l'elezione di domicilio e per la gestione delle notifiche. Per i cittadini, è la riaffermazione che anche nell'ambiente digitale, il loro diritto a essere correttamente informati e a difendersi è pienamente garantito. La Suprema Corte ha così ribadito che la forma, nel processo penale, non è mai un mero orpello, ma sostanza che salvaguarda la giustizia e la legittimità dell'azione giudiziaria, proteggendo il diritto fondamentale dell'imputato a un giusto processo.