Con il provvedimento depositato l’11 aprile 2025, la Corte di cassazione (Sez. II, pres. G. V., est. F. F.) ha rigettato il ricorso di M. C. confermando la decisione della Corte d’appello di Bari. Il caso è l’occasione per fare chiarezza sul rapporto tra rapina impropria (art. 628, co. 2, c.p.) e resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.), nonché sull’aggravante del nesso teleologico disciplinata dall’art. 61 n. 2 c.p.
Il delitto di rapina impropria concorre con quello di resistenza nel caso in cui la violenza esercitata nei confronti del pubblico ufficiale, onde opporglisi nel mentre compie un atto dell'ufficio, eccede la soglia delle percosse funzionali alla realizzazione dell'azione predatoria, configurandosi altresì, con riguardo al delitto contro la pubblica amministrazione, l'aggravante della connessione teleologica, atteso che non assume rilievo la circostanza che il delitto-fine e il delitto-mezzo siano integrati dalla stessa condotta materiale.
La massima ripropone un principio già affermato ma mai scontato: quando la violenza utilizzata per assicurarsi il bottino supera quella «necessaria» a completare la sottrazione, si realizza un’indipendente offesa all’ordine pubblico tutelato dall’art. 337 c.p. La finalità unitaria dell’agente – garantirsi il possesso della cosa rubata – non elide la pluralità dei reati, ma anzi rafforza l’applicazione dell’aggravante teleologica, poiché la resistenza costituisce un mezzo finalizzato al compimento o al consolidamento della rapina.
La Corte cita precedenti conformi (Cass. 21458/2019; 46869/2022) rafforzando l’orientamento maggioritario, pur segnalando arresti difformi (es. 37070/2023) che tendono ad assorbire la resistenza quando la condotta violenta sia unica. Con la pronuncia in commento, l’opzione restrittiva viene invece superata in nome di una tutela rafforzata dei beni giuridici coinvolti.
Dal punto di vista difensivo occorrerà dimostrare che la violenza è rimasta entro la soglia minima indispensabile alla rapina, così da evitare il cumulo con la resistenza e la relativa aggravante. Saranno centrali:
Per l’accusa, viceversa, basterà provare l’eccedenza della violenza rispetto alle percosse «funzionali», elemento che, secondo la Suprema Corte, si può desumere anche da minime aggravazioni (spintoni prolungati, uso di armi improprie, minacce di particolare intensità).
La configurazione del concorso comporta l’applicazione del cumulo giuridico ex art. 81, co. 1, c.p., con aumento fino al triplo della pena prevista per il reato più grave (la rapina). L’aggravante teleologica, non esclusa dal concorso omogeneo di condotte, può determinare un ulteriore incremento fino a un terzo, riducendo drasticamente lo spazio per benefici quali la sospensione condizionale della pena.
La sentenza n. 14376/2025 si inserisce in una linea giurisprudenziale che valorizza la specifica offesa recata alla pubblica amministrazione, distinguendo la tutela del patrimonio da quella dell’ordine pubblico. Il messaggio è chiaro: chi, per garantirsi la fuga o il possesso del bottino, aggredisce con forza eccessiva un pubblico ufficiale risponde di due autonomi reati, gravati da un’aggravante mirata. Una lettura che, oltre a rafforzare la deterrenza, invita gli operatori del diritto a una ricostruzione puntuale della condotta violenta e delle sue finalità immediate.