La sentenza della Corte Suprema di Cassazione, Sez. II, n. 10218 del 2024, affronta in modo significativo le problematiche connesse al reato di riciclaggio, in particolare per quanto riguarda la confisca del profitto derivante da tale attività illecita. La Corte ha annullato l'ordinanza del Tribunale di Bari, che aveva accolto la richiesta di riesame di un indagato per il reato di riciclaggio, A.A., sostenendo che la confisca per equivalente deve essere limitata al vantaggio patrimoniale effettivamente conseguito dal riciclatore.
Un aspetto centrale della sentenza è la distinzione tra profitto e provento del reato. La Corte ha ribadito che la confisca per equivalente si può applicare solo in relazione al valore del vantaggio patrimoniale realmente ottenuto dal riciclatore, e non sull'intera somma derivante dalle operazioni illecite. Questo principio è in linea con orientamenti precedenti della giurisprudenza, come evidenziato nelle sentenze citate nella pronuncia.
La confisca per equivalente deve limitarsi al vantaggio patrimoniale effettivamente conseguito dal riciclatore e non all'intero importo derivante dalle operazioni poste in essere dall'autore del reato presupposto.
La sentenza n. 10218 del 2024 rappresenta un importante passo avanti nella comprensione del reato di riciclaggio e delle relative conseguenze giuridiche. Essa chiarisce non solo i limiti della confisca per equivalente, ma anche la necessità di una rigorosa applicazione delle norme penali in relazione ai profitti illeciti. La Corte, con il suo intervento, invita a riflettere su come le disposizioni giuridiche debbano essere applicate in modo equo e giusto, rispettando i diritti degli indagati e le finalità di prevenzione e repressione del crimine.