La recente ordinanza n. 23257 del 28 agosto 2024, emessa dalla Corte di Cassazione, affronta un tema di grande rilevanza nel contesto della previdenza professionale. In particolare, la sentenza si concentra sulla legittimità dell'imposizione di un contributo di solidarietà da parte di enti previdenziali privatizzati, come la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti (CNPADC).
La questione centrale riguarda la possibilità per gli enti previdenziali privatizzati di adottare provvedimenti che impongano trattenute su prestazioni già determinate. In questo caso, la Corte ha stabilito che tali atti non possono essere adottati in quanto incompatibili con il principio del "pro rata" e con la riserva di imposizione delle prestazioni patrimoniali, come previsto dall'art. 23 della Costituzione italiana.
Contributo di solidarietà - Legittimità - Esclusione - Fondamento. In materia di trattamento previdenziale, gli enti previdenziali privatizzati (nella specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti) non possono adottare, sia pure in funzione dell'obbiettivo di assicurare l'equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall'incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie, un contributo di solidarietà) su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti siano incompatibili con il rispetto del principio del "pro rata" e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel "genus" delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è riservata al legislatore.
La sentenza ha importanti ripercussioni per i professionisti iscritti alla CNPADC e, più in generale, per tutti coloro che appartengono a enti previdenziali privatizzati. Infatti, l'imposizione di un contributo di solidarietà, sebbene possa apparire come una misura necessaria per garantire l'equilibrio di bilancio, deve necessariamente rispettare le norme costituzionali e i diritti già acquisiti dai beneficiari.
In conclusione, la sentenza n. 23257 del 2024 rappresenta un'importante vittoria per i diritti dei professionisti e per la tutela della previdenza. La Corte di Cassazione, con questa ordinanza, ribadisce che gli enti previdenziali privatizzati devono operare nel rispetto della legge e non possono imporre contributi aggiuntivi senza un adeguato fondamento legislativo. Questo non solo protegge i diritti degli iscritti, ma contribuisce anche a garantire la stabilità e l'equità del sistema previdenziale.