Il principio del "ne bis in idem", che vieta di essere giudicati o puniti due volte per lo stesso fatto, è una garanzia fondamentale riconosciuta sia dal nostro ordinamento (art. 649 c.p.p.) sia a livello europeo (art. 4 Prot. 7 CEDU). Questa garanzia assume particolare rilievo quando un soggetto affronta procedimenti paralleli, come quello penale e amministrativo/disciplinare. La Sentenza n. 17496 del 16 aprile 2025 (depositata l'8 maggio 2025) della Suprema Corte di Cassazione interviene su questo delicato equilibrio, delineando gli oneri probatori a carico del ricorrente.
Il divieto di doppio giudizio può presentare complessità applicative, specie nel confronto tra diverse tipologie di procedimenti. La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, con sentenze quali *Engel c. Paesi Bassi* (1976) e *A. e B. contro Norvegia* (2016), ha stabilito criteri precisi per valutare la compatibilità di doppi binari sanzionatori. Tali criteri considerano la natura delle infrazioni, la severità delle sanzioni e la connessione sostanziale e temporale tra i procedimenti, mirando a prevenire una "doppia afflizione" per la stessa condotta.
La Suprema Corte, con la sentenza in esame, ha affrontato il ricorso di F. D. N., che lamentava la violazione del "ne bis in idem" convenzionale. Il fulcro della decisione riguarda l'onere del ricorrente di comprovare tale violazione. La Cassazione ha ribadito un principio ineludibile:
In tema di ricorso per cassazione, è onere della parte che lamenta la violazione del principio del "ne bis in idem" convenzionale, invocando l'applicazione dei criteri stabiliti dalla Corte EDU nelle decisioni Engel c. Paesi Bassi del 8 giugno 1976 e A. e B. contro Norvegia del 15 novembre 2016, produrre, a pena di inammissibilità della domanda, i provvedimenti definitivi assunti all'esito dei separati giudizi, indispensabili per valutare la loro portata sanzionatoria e la illegittima duplicazione dei procedimenti, l'uno, amministrativo o disciplinare e, l'altro, penale.
Questa massima è cruciale: non basta invocare genericamente il "ne bis in idem" convenzionale. Il ricorrente deve allegare al ricorso i provvedimenti definitivi di tutti i giudizi (penali, amministrativi o disciplinari) che si ritengono in violazione. Senza tali documenti, la Corte di Cassazione non può verificare la "portata sanzionatoria" né l'effettiva "illegittima duplicazione" dei procedimenti, rendendo il ricorso inammissibile. L'onere di allegazione non è una mera formalità, ma un requisito sostanziale per un controllo di legittimità fondato su elementi concreti.
Per un ricorso in Cassazione che invochi il "ne bis in idem" convenzionale, è fondamentale:
La sentenza n. 17496 del 2025 della Cassazione, presieduta dalla Dott.ssa A. P. e con estensore il Dott. I. P., rafforza l'esigenza di un approccio rigoroso e documentato. Per chi affronta situazioni di potenziale "doppio binario" sanzionatorio, è imprescindibile non solo conoscere il principio del "ne bis in idem", ma anche comprovarne la violazione attraverso una puntuale produzione documentale. Solo così sarà possibile ottenere una tutela giudiziaria efficace e far valere appieno le garanzie offerte dal nostro ordinamento e dal diritto europeo.